La vecchia m'indicò quindi quello che riteneva essere il luogo in cui Aracne continuava a nascondersi dagli occhi degli uomini.
Riflettei spesso su quel racconto, e decisi un giorno di andare in cerca della tessitrice e scoprire se la leggenda avesse il proverbiale fondo di verità. Forse per destino o forse per caso m'imbattei veramente nella creatura, che in altro modo non può essere definita non avendo più alcun tratto umano ed essendo troppo ripugnante per chiamarla bestia. Il suo corpo rigonfio era mosso da otto zampe simili ad artigli, e quello che forse una volta era un viso faceva mostra di una moltitudine di piccoli occhi sferici neri e terminava con una bocca deformata da due grandi zanne. Accortasi che la fissavo fuggì, forse vergognandosi della sua bruttezza o forse rimpiangendo la sua bellezza perduta.
La inseguii fino al suo rifugio e lì vi trovai uno spettacolo stupefacente. Aracne non aveva mai smesso di tessere.
Le tele che vidi allora erano la cosa più bella che avessi mai visto, enormi e sottili al tempo stesso, la cui sottigliezza però non precludeva un'incredibile resistenza. Le forme erano di una precisione tale per cui sarebbe stato impossibile attribuirvi un'origine umana, e tuttavia la spericolatezza delle strutture, quell'insieme di robustezza e fragilità costantemente tendente al limite proprio dell'umanità, generava in me l'ammirazione che si prova di fronte all'abilità dei più grandi artisti.
Fu allora che mi resi conto che la bellezza del ragno non risiedeva in quello che era, ma in quello che faceva.
by Barone Rozzo