martedì 20 marzo 2012

Un capitolo senza nome di un libro che non esiste

[...]
Con la fronte bagnata di sudore, Nebbia arrancava risalendo il pendio, alzando gli occhi tra un passo e l'altro verso i sandali logori del druido.
Si portò la mano alla Spilla del Canto, e sbuffò vedendola inerte e opaca: "Non c'è magia in questo posto!".
Il druido si fermò, voltandosi, e fissò Nebbia negli occhi. Dopo un attimo, senza dire nulla, alzò lo sguardo al cielo, inspirò a fondo, come per bere il vento leggero che accarezzava quei crinali, e disse, riprendendo la salita: "Forse, semplicemente, non la vedi. Vieni, non manca molto."
La neve si era sciolta quasi del tutto, lasciando scoperti i bassi cespugli di mirtillo, e i ciuffi scoloriti del nardo che si riprendevano dal sonno invernale. Ovunque, in quel manto giallastro, spuntava il violetto dei crochi.
Come aveva detto il druido, poco dopo raggiunsero la sella, e i capelli di Nebbia ondeggiarono nel vento che lì soffiava più deciso. Sentì un brivido corrergli dalla pancia alle punte delle dita, nel vedere l'orizzonte spalancato davanti a lui: oltre la sella, la montagna precipitava verso il basso per quasi mezzo miglio di altezza e, sotto, si stendeva una coperta di colline boscose, punteggiata, qua e là, dai sottili pennacchi di fumo di qualche villaggio degli gnomi.
Il suo sguardo seguiva la valle del Tresirene fino al Mare di Diamante, e là dove il fiume si gettava nel mare si scorgeva il luccichio delle guglie di Demetra. La foschia marina ostacolava un po' la vista, ma gli sembrò di scorgere, all'orizzonte, il profilo montuoso dell'Isola di Là.
Si accorse che la sua guida lo stava aspettando lungo la traccia che seguiva il crinale, sulla destra, e si rimise in marcia.
Raggiunsero, poco sotto la cima del monte, una conca - una piccola dolina - e si sedettero su due rocce, tiepide dal sole primaverile che le scaldava. Il druido tirò fuori dalla sua sacca due pagnotte - pane fatto a mano, cotto al calore di un fuoco di legna, senza che vedesse l'ombra di un Forno delle Fate - e ne diede una al ragazzo. Con un coltello da cacciatore tagliò due fette di formaggio di capra, e mangiarono in silenzio, ascoltando il mondo intorno a loro.
L'unico rumore era quello del vento: non una voce, non un fischio di Nubinave. Un uccellino scuro - un codirosso spazzacamino - gironzolava su e giù dalle rocce, alla ricerca di insetti.
"E tu continui a dire che qui non c'è magia?" chiese ad un tratto il druido.
Nebbia lo guardò, e allargò le braccia. Non sapeva cosa rispondere. "E dove sarebbe?"
"Qui!" rispose l'uomo, indicando il codirosso, con un sorriso che dipinse sulla sua faccia indurita un labirinto di rughe: "Quella è magia!"
"Vedi," continuò "voi, forse, siete maghi che non conoscono più la magia.
La usate, sì, in modo potente, violento addirittura.
Volete fare tutto con la magia, controllare tutto.
Avete stregoni che controllano il tempo atmosferico per arrivare ad avere otto raccolti all'anno, maghi che studiano mappe della Trama sempre più complicate perché ormai non c'è più spazio per teletrasportarsi, addirittura la Cupola, maghi che controllano altri maghi... Chiedete a questa cosiddetta magia sempre più potenza, con l'unico obiettivo di estrarre altra potenza magica. Addirittura vivete le vostre vite per trovare nuovi modi di ricavare potenza magica. E in tutto questo, vedete le vostre luci affievolirsi di anno in anno, le vostre evocazioni farsi più effimere, i vostri fuochi hanno bisogno di sempre più energie per ardere.
E c'è anche chi impazzisce, perché crede che la magia stia arrivando alla fine, e che non ci sia più nulla dopo.
Ma forse voi vi state solo accanendo a succhiare i rimasugli di un frutto, dimenticandovi dell'albero che l'ha generato.
Vedi, le leggende parlano di altri mondi, mondi dove la magia, così come la conosci tu, non esiste. Mondi dove non puoi parlare attraverso una Spilla del Canto, dove non esiste il teletrasporto, dove per procurarti da vivere puoi fare i conti solo sulla tua intelligenza e sulla forza delle tue braccia. Sì, proprio come faccio io." Sorrise il druido, accarezzando il bastone. "Eppure, la magia esiste anche in questi mondi.
Guarda: anche il mago più grande, può creare quel codirosso? Sì, forse ne può evocare uno, ma non quello. Non proprio quello, nato in quel nido all'ombra di quel cespuglio, quel giorno, probabilmente di un anno e mezzo fa. E puoi forse, con tutte le capacità magiche di questo mondo, controllare tutti i codirossi di queste montagne? E tutti i crochi che abbiamo visto salendo fin quassù? E tutti gli alberi, gli stagni, le nuvole, gli animali di questo mondo?
E, forse puoi riuscire a modellare una piccola collina, con grande dispendio di energie. Ma nel frattempo, il vento e la pioggia in tutto il resto del mondo avranno fatto molto più lavoro di quello che hai fatto tu, e senza che nessuno li guidasse.
Così, tutte le forme di vita nascono, crescono, cercano il cibo, fanno le loro danze nuziali, si accoppiano, vivono e muoiono senza che ci sia nessuno a controllarle, a guidarle, a dire loro cosa fare, e come.
Non è, questo, molto più grande, immensamente più profondo e potente di tutta la magia che finora hai studiato? Non è magia anche questa? Una magia che appartiene a tutti i mondi, indipendentemente dal fatto che un mago, con qualche formula magica, ne imbrigli alcuni aspetti per i suoi scopi?
Ripensa a ieri, al parto della capra: con le tue mani, hai portato alla luce una creatura nuova, che non esisteva, e che non sparirà nel giro di qualche ora - sempre che un lupo affamato non passi nei dintorni! E tutto questo, senza richiedere nulla alla magia, se non quello che naturalmente compie ogni giorno, per tutte le creature dell'universo."
Si fermò un attimo, come per riprendere fiato, o per lasciar calmare le acque agitate dei suoi pensieri "Non ho risposte per questo mondo, sono qui per cercarle, dopotutto. Ma credo che la cosa più urgente sia ritrovare l'albero da cui proviene il frutto, riscoprire la magia che è nel mondo e che noi non controlliamo, capire come anche noi, dentro questa magia, siamo rami di un unico albero, flutti di un unico fiume, parole di un unico Libro."
Poi tacque, e si distese a guardare il cielo, mettendosi uno stelo secco tra le labbra.
Nebbia fece lo stesso, e rimase ad osservare le nuvole correre sopra di lui. Ripensò al capretto, alla fatica della notte in cui avevano guadato il torrente, a come si era sentito perso senza la sua Pietra del Richiamo, ai suoi compagni di accademia, a lui bambino, insieme alle sue sorelle, giocare nei campi di nonna Raggio di Sole, e un profumo di crostata di more...
Il sole faceva scintillare la sua Spilla del Canto: "Forse è inutile" pensò "adesso, per parlare con papà, con gli amici, per dir loro che sono vivo, sto bene, ma..." e la avvicinò alle labbra, come per sussurrare un bacio.
Molte centinaia di miglia più a ovest, una ragazza ebbe un brivido, nel sentire - o almeno così le era sembrato - un tocco leggero e un profumo conosciuto sulla sua pelle. Probabilmente era stata solo un'impressione, ma nei suoi occhi scintillò un sorriso.

lunedì 6 febbraio 2012

La Bellezza del Ragno

Nel mio eterno vagabondare giunsi nel lontano oriente, oltre le terre di Enkidu, in quel luogo che gli uomini chiamano Terra di Nod. Sostai per molti giorni in un piccolo villaggio di contadini, pastori e tessitori, imparando i loro usi e costumi e ascoltando le loro storie e leggende. Una sera una vecchia mi raccontò la storia di Aracne, una bellissima tessitrice che vantava una maestria, a suo dire, superiore a quella degli stessi dei. Pare che la giovane si vantasse così tanto della sua bravura da incorrere nelle ire di Atena, una dea straniera, che giunse da molto lontano con il preciso scopo d'insegnare ad Aracne la virtù dell'umiltà. La lezione era però destinata alla dea, che in cuor suo dovette ammettere che l'abilità della mortale era superiore persino a quella delle più abili dee tessitrici. La donna cercò quindi di estorcere ad Atena un'ammissione dell'inferiorità degli dei, e la divinità adirata la punì per cotanta arroganza privandola della sua bellezza. Aracne fu trasformata in un essere ripugnante, con corpo gonfio e peloso e molte membra lunghe e sottili. Sconvolta e inorridita, fuggì dal villaggio e si rifugiò sulle montagne vicine.
La vecchia m'indicò quindi quello che riteneva essere il luogo in cui Aracne continuava a nascondersi dagli occhi degli uomini.
Riflettei spesso su quel racconto, e decisi un giorno di andare in cerca della tessitrice e scoprire se la leggenda avesse il proverbiale fondo di verità. Forse per destino o forse per caso m'imbattei veramente nella creatura, che in altro modo non può essere definita non avendo più alcun tratto umano ed essendo troppo ripugnante per chiamarla bestia. Il suo corpo rigonfio era mosso da otto zampe simili ad artigli, e quello che forse una volta era un viso faceva mostra di una moltitudine di piccoli occhi sferici neri e terminava con una bocca deformata da due grandi zanne. Accortasi che la fissavo fuggì, forse vergognandosi della sua bruttezza o forse rimpiangendo la sua bellezza perduta.
La inseguii fino al suo rifugio e lì vi trovai uno spettacolo stupefacente. Aracne non aveva mai smesso di tessere.
Le tele che vidi allora erano la cosa più bella che avessi mai visto, enormi e sottili al tempo stesso, la cui sottigliezza però non precludeva un'incredibile resistenza. Le forme erano di una precisione tale per cui sarebbe stato impossibile attribuirvi un'origine umana, e tuttavia la spericolatezza delle strutture, quell'insieme di robustezza e fragilità costantemente tendente al limite proprio dell'umanità, generava in me l'ammirazione che si prova di fronte all'abilità dei più grandi artisti.
Fu allora che mi resi conto che la bellezza del ragno non risiedeva in quello che era, ma in quello che faceva.

by Barone Rozzo

mercoledì 23 novembre 2011

Bob e Dave: l'Etichetta

New York, Bob e Dave, come tutti i venerdi sera dopo il lavoro si trovano a bere una birra al Corner Bar di Midtown; Bob fa il cuoco (per ora, cambia lavoro spesso) mentre Dave è scienziato presso un'importante industria ipertecnologica, la Bio inc.
Come tutte le settimane dopo i convenevoli ed una birra in silenzio Bob attacca:
"Allora Dave, come va?"
"Da cani, come al solito, Bob"
"Come mai Dave? Problemi con la casa?"
"Ma no, Bob. E' il lavoro che mi riserva solo delusioni e fallimenti"
"Che diavolo è successo stavolta Dave?"
"Non so se posso raccontartelo Bob.. è un progetto Top Secret!"
"Eddai Dave.. sai che so essere muto come una tomba!"
"E va bene Bob, ma solo perchè sei tu. Allora, stiamo lavorando con un supercomputer.."
"Si questo lo so Dave voi lavorate sempre con i supercomputer"
".. Non interrompermi però Bob!"
"Scusa Dave, continua"
"Allora Bob, dicevo,abbiamo sviluppato un programma complicatissimo e molto delicato che riesce ad analizzare nei minimi dettagli il genoma umano..."
"Il genoma chi? Che roba è Dave?"
"Il Genoma Umano, Bob, il DNA, la base in cui sta scritta tutta l'evoluzione umana, e non solo!"
"Wow.. sembra importante Dave! Ma come funziona?"
"Si, certo, importantissimo! Dice praticamente tutto di noi, da cosa siamo fatti, come funzioniamo... insomma, è praticamente la nostra etichetta, Bob!"
"La nostra etichetta? In che senso, Dave?"
"Dai, Bob, l'etichetta.. tipo.. che so.. quella della birra.. che dice la marca, gli ingredienti e blabla cose varie!"
"Ah! Ho capito Dave! Fantastico! Ma sei deluso perchè non siete riusciti a leggerla?"
"No, no Bob.. il dramma è che ci siamo riusciti... abbiamo fatto funzionare il programma, dopo ore di ronzii e attese tremanti, ecco comparirci davanti l'etichettà dell'umanità!"
"... e allora Dave? Cosa ci hai letto di così terribile?"
"... che siamo scaduti.."
".. Scaduti? Come Scaduti, Dave?""
"Scaduti! Scaduti, hai presente Bob? come quando ti dimentichi il latte in frigo per troppi giorni, scaduti, andati a male..."
".. Ah... mi fa venire i brividi, Dave.."
".. Si, Bob, anche a me.."
".. Beh dai.. beviamoci su Dave..!"

venerdì 4 novembre 2011

Gaia è malata

Due vecchi amici si incontrano dopo tanto tempo, e subito iniziano a chiacchierare
"Eh! quanto tempo! Come stai vecchio mio?"
"Tutto bene grazie! Tu? Caspita, non sei invecchiato per niente!"
"Eh, qualche ruga ormai si vede, tu ti sei ripreso dall'incidente?"
"Si, si, ma era una robetta da nulla, la mia stazza poi mi salva spesso!"
"HaHa! Quando si dice che essere grassi non serve a nulla..!"
"Di hai sentito della Verde?"
"chi, Gaia? No, è un po che non la incontro"
"Eh.. si è ammalata di nuovo.."
"Ancora? Che sfortuna... dev'essere il clima dalle sue parti che non è favorevole.."
"Eppure mi hanno detto che è grave, stavolta è maligno.."
"Che sfiga, e pensare che era la più bella quando eravamo giovani"
"l'ho vista ora, è proprio messa male poverina, sempre mogia, sempre con la luna storta, poi ha una brutta cera"
"Si vedono i segni della malattia?"
"Eh ormai si, è in una brutta fase.. l'altra volta se l'era cavata bene, l'ha beccata in tempo e la cura ha funzionato subito.. evidentemente qualcosa era rimasto, l'è tornata fuori peggio di prima.."
"Poveretta, ma pensa di farne un'altra, di cure?"
"Sicuro, gliela sta organizzando Elio, una di quelle toste, certo lei non sarà più come prima, ma stavolta non dovrebbe ripresentarsi"
"E' una cura nuova?"
"Si, cioè è sempre come l'altra, un bombardamento, ma più potente, e ben mirato, non dovrebbe andare troppo in profondità e distruggere tutta la superficie; stavolta si libererà da quel canchero! Vedrai, lei è forte!"
"Ah speriamo bene... E speriamo che non ci attacchi nulla!"
"Non preoccuparti, l'ho detto, è il clima sfavorevole, alla nostra orbita siamo immuni a certe malattie!"
"Eh.. c'è chi è fortunato.. vabbè, devo andare, se la vedi salutamela! a presto Giove!"
"Di sicuro, tu salutami gli altri se li vedi! buon giro Saturno!"

giovedì 20 ottobre 2011

Il Cagnetto a Pois

Questa è la storia del Cagnetto a Pois. Non è che fosse niente di che, era esattamente come gli altri cani piccoletti, solo che aveva il pelo blu a pois verdi. Agli altri cani però non piaceva perchè la diversità è una brutta bestia; tutti quindi lo maltrattavano e lo prendevano in giro, e nessuno lo voleva intorno. Il Cagnetto a Pois per questo non è che fosse proprio al massimo della felicità, e anzi spesso piangeva rannicchiato in un qualche angolo.
Un giorno però una Fatona (una fata panzona) udì i suoi lamenti, si avvicinò e gli disse: <<Oh povero piccino, senti come piangi. Devi essere proprio tanto infelice. Allora esaudirò un tuo desiderio per tirarti su. Che ne dici? Sei contento?>> <<Uno qualsiasi?>> Chiese il Cagnetto a Pois. <<Ma certamente.>> Rispose la Fatona. <<Sappi che io posso esaudire qualunque desiderio. C'ho la bacchetta magica.>> Il cane allora le chiese: <<Mi faresti diventare un cane marrone?>> La signora disse sorpresa: <<Ma sei proprio sicuro? Tantissimi cani sono marroni.>> <<È proprio per quello, gentile signora.>> Rispose sicuro lui. Allora lei sollevò la bacchetta e disse: <<Come vuoi tu! Bidibibodibibù!>>
Il pelo del Cagnetto a Pois divenne istantaneamente marrone e la Fatona svanì in una nuvoletta turchese subito dopo. Il piccolo cane quindi andò subito tra i suoi simili per provare l'effetto del suo nuovo pelo. Quale felicità! Nessuno lo schivava più ma anzi si mescolava benissimo in mezzo a tutti. Passarono svariati mesi, mentre il Cagnetto Che Era a Pois trascorreva allegramente le sue giornate con gli altri cani, contento del suo nuovo aspetto.
Accadde dunque che arrivò in citta una nuova cagnetta: questa era bellissima e bizzarra, col pelo nero lucido e un atteggiamento alquanto particolare. Non ci volle molto perchè facesse girare il muso a tutti i maschietti del circondario. Quelli la coprirono di regali, le ulularono dietro per giorni, la rincorsero per settimane ma lei niente, di loro non ne voleva sapere. Anche il Cagnetto Che Era a Pois fu tutto preso da questa nuova arrivata, e le corse dietro in svariate occasioni.
Una sera la trovò a lavarsi sotto una fontanella e le si avvicinò. <<Come mai scappi sempre? E perché rifiuti tutti gli spasimanti? Non ne va bene neanche uno?>> Lei lo guardò come se non l'avesse mai visto prima in vita sua ma gli rispose comunque con tranquillità: <<Sai non è che io lo faccia apposta. È che li trovo tutti un po' noiosi; fanno tutti la stessa cosa, sono interessati tutti alle stesse cose. Sono tutti uguali mentre io vorrei un amante diverso da tutti gli altri.>> <<Diverso come? Fammi un esempio.>> Rispose lui incuriosito. La cagnetta ci pensò un momento e disse: <<Basterebbe anche una singola diversità, anche una cosa stupida. Per esempio un pelo a pois.>>
Il cagnetto sentì la felicità esplodergli nel petto. <<Io ho il pelo a pois!>> Le dichiarò. L'altra lo guardò stranita e commentò: <<A me sembri un comunissimo cane marrone. Addio.>> Poi se ne andò lasciandolo di sasso. Siccome il piccoletto era molto innamorato ne soffrì tantissimo: rannicchiatosi in un angolo ricominciò a piangere fortissimo.
Ed è così che finisce la storia del Cagnetto Che Era a Pois, che da quella volta pianse se stesso.

by Barone Rozzo

mercoledì 19 ottobre 2011

Il gattino e il gufo

Un giorno, un gattino nato da poco e molto curioso, andò dal saggio gufo per fargli delle domande, non sapendo che di giorno il gufo dormiva, e non volle disturbarlo.
Chiese in giro, e gli dissero che se voleva parlargli, doveva tornare da lui la notte, quando tutti gli altri dormivano profondamente.
Venne la notte, e il gattino, che aveva fatto di tutto per rimanere sveglio, decise che era giunto il momento di andare finalmente a parlare col gufo, che ormai doveva essersi svegliato.
Arrivò e vide il gufo che aveva appena finito di fare colazione, che appena notò il gattino gli chiese: "Buona notte, gattino, cosa ci fai qui a quest'ora? non dormi come tutti gli altri?"
E il gattino rispose: "Buona notte signor gufo, sono venuto qui a quest'ora perchè so che lei di giorno dorme, mentre è quando tutti dormono che si sveglia, e io vorrei farle delle domande, in quanto sono nato da poco e molto curioso."

"Bene, siccome ti sei sforzato di rimanere sveglio per venire fin qua, chiedi pure."

"Grazie, signor gufo. Io vorrei sapere come mai lei dorme di giorno e non di notte come fanno tutti."

"Perchè è nella mia natura, e poi di notte si possono vedere un sacco di cose che di giorno non ci sono."

"Per esempio?"

"Prova ad alzare lo sguardo al cielo."

Il gattino guardò il cielo, e vide uno spettacolo che lo lasciò stupefatto, era molto più scuro che di giorno, ma era pieno di piccoli puntini luminosi e c'era una specie di sole meno luminoso, ma altrettanto bello.

il gufo continuò: "Ecco, questa è solo una delle cose che di giorno non puoi vedere. Le stelle e la luna non possono essere viste di giorno, e così molte altre cose."

Il gattino, ancora stupefatto, disse: "quindi è per questo che la notte rimani sveglio. In effetti è stupendo, non l'avrei mai visto se non fossi stato così curioso. Ora è meglio che torni a casa, non vorrei che mi scoprissero."

"Allora arrivederci, gattino."

"Arrivederci, signor gufo."

Il gattino però, nel buio non si orientava bene, e non ritrovò la strada di casa.
Solo quando incominciò a sorgere il sole, incominciò a ritrovare il senso dell'orientamento, e in poco tempo tornò a casa senza problemi.
Gli altri animali del villaggio quando lo videro tornare gioirono, pensavano gli fosse successo qualcosa di grave, e lui gli raccontò la sua avventura.

La sua curiosità gli fece scoprire una cosa molto bella, ma corse anche un grosso rischio per vederla.

Ne vale la pena?

lunedì 17 ottobre 2011

L'Albero Saggio

Un giovane apprendista un mattino andò dal suo maestro che stava meditando e gli domandò: "Maestro, come faccio a capire dov'è la saggezza?" il vecchio maestro rispose:
"un tempo un uomo piantò un albero nel suo campo per festeggiare la nascita del suo primogenito, il bambino venendo al mondo aveva pianto ed urlato, e tutti erano contenti, l'albero invece rimase fermo senza parlare; dopo qualche anno il bambino crebbe imparando il mestiere di suo padre sudando e faticando nel campo imprecando contro la sorte che gli era toccata, anche l'albero crebbe ma rimase fermo senza parlare; passò altro tempo e venne costruita una grande città, anche il campo e la vecchia casa furono distrutti, solo l'albero fù salvato per fare un po d'ombra in un piccolo giardino; il ragazzo ormai cresciuto era triste per la fine della casa e del campo, l'albero rimase fermo senza parlare; ci fù un tiranno e la gente fu perseguitata con tasse inique ed ingiustizie, sul tronco dell'albero appesero gli sciagurati editti del sovrano, l'uomo li leggeva e dentro di se cresceva l'ira e l'impazienza, l'albero invece rimase fermo senza parlare. Ci fu una rivolta l'uomo con un gruppo di persone imbracciò le armi ed alzò le barricate, ci furono battaglie tremende ed infine l'uomo venne catturato dalle guarde e messo a morte per impiccagione, l'albero fù tagliato per costruire la forca; l'uomo morendo urlò le sue maledizioni verso il cielo, l'albero rimase fermo senza parlare. Sai dirmi ora, giovane apprendista, chi, fra l'uomo e l'albero, è stato più saggio?"
L'apprendista che aveva ascoltato attentamente il racconto rispose dubbioso "Secondo me l'uomo è stato più saggio, perchè sebbene funestato dalla cattiva sorte ha sempre lottato e cercato di migliorare la sua vita, mentre l'albero senza fare nulla è finito a fungere da forca per l'uomo!" infine domandò "è giusto, Maestro?"
Ma il maestro rimase fermo senza parlare

giovedì 13 ottobre 2011

Il Testamento del Suonatore

Un giorno, in un'isola sperduta, la tribù Zaka fù costretta a fuggire a causa dell'eruzione devastante del vulcano dell'isola, i pochi abitanti ebbero poco tempo per salvarsi e caricando le prime cose che trovarono salirono su una barca e presero il largo mentre l'intera isola veniva inghiottita dalla lava. Gli abitanti del villaggio, che non erano molti, circa una ventina, ripresi dallo shock iniziale iniziarono a meditare sul da farsi; erano guidati dal capovillaggio, un uomo serio, preciso e piuttosto scontroso, materialista che non si lasciava distrarre da nulla, di mestiere faceva il contabile, ed era freddo come i soldi che maneggiava; lui aveva alcuni parenti su un'isola vicina e decise di fare rotta verso di essa, sapendo però che con la nave così carica avrebbero impiegato parecchi giorni a raggiungerla. Sulla nave si misero tutti subito ad aiutare per quanto potevano, ma moglie di Kabb, che era incinta, faceva da mangiare, poi c'era un falegname che aggiustava le falle, un fabbro, un mozzo, un pescatore, alcuni altri con varie mansioni, ed infine un vecchio suonatore. Costui aveva passato la sua vita suonando la sua chitarra e cantando tutte le sere sull'isola, animando le feste e rallegrando i lieti eventi, era stato sempre visto in maniera controversa, alcuni amavano la sua musica, altri erano infastiditi dal fatto che lui stesse tutto il tempo a suonare e non facesse nulla per il villaggio, tuttavia lui rimaneva sempre sereno e offriva una canzone a chiunque la volesse. Dopo qualche giorno in mezzo al mare tuttavia il nervosismo aumentava, e quando ci si rese conto che le provviste e l'acqua non sarebbero bastate per tutti si scatenò una furibona discussione per decidere il dafarsi "E' un fatto, non c'è abbastanza cibo nè acqua per tutti, è una decisione durissima ma qualcuno deve farsi da parte per il bene della comunità" le grida si fecero altissime "Inaudito!""Io aggiusto la nave! non potete fare senza di me!" gridava il falegname "E chi legherà le corde delle vele?" gridava il sarto "e il pesce? sarà pure poco ma quel poco ci serve, chi lo pescherà se mancherò io?" continuava il pescatore; le grida continuarono fino a che uno strimpellare leggero di chitarra fece tacere tutti, era il vecchio suonatore che se ne stava tranquillo sulla prua della nave guardando l'orizzone e fischiettando una sua canzone; il capo infuriato disse "Tu, suonatore, laggiù, che non hai fatto nulla se non suonare tutto il tempo, non ti sembrerebbe giusto offrirti spontaneamente ed andartene per il bene di tutti?" Una nuova baraonda si scatenò, chi gridava di buttare a mare il nullafacente, chi urlava che era l'unico che riusciva a rallegrare quei giorni terribili ed era indispensabile; alla testa dei due schieramenti paradossalmente stavano il capo, che voleva gettarlo in mare, e la moglie, che insisteva per salvarlo. "E' inutile e non è produttivo, è solo un peso per la comunità!" diceva lui "E' saggio e da tanti anni insegna la gioia e rallegra le nostre vite, non possiamo fare a meno di lui!" la ferocia dello scontro arrivò al culmine quando la moglie del capo disse a gran voce "Basta! Piuttosto mi sacrifico il al suo posto!" ed il marito rispose afferrandole un braccio mettendola a tacere "Non ci pensare nemmeno, tu aspetti un bambino, l'unico bambino del villaggio e non sei sacrificabile!" Il vecchio suonatore che era rimasto silenzioso ed in disparte tutto il tempo si alzò ed intervenne con voce tranquilla e pacata come suo solito dicendo "Calma, amici miei, com'è vero che per anni vi ho donato gioia non è giusto che ora io vi provochi discordia" le sue parole, sebbene non pronunciate ad alta voce, sembrò che sovrastassero gli schiamazzi e in pochi istanti tutti si zittirono stupiti "Sono vecchio, e i frutti che potevo dare sulla terra ormai sono maturi, non è più necessario che qualcuno rischi la vita per me, quindi ben volentieri mi offro per lasciare la nave" chiuse il suo discorso con il suo solito sorriso umile nascosto dalla folta barba, posò la chitarra sul ponte e si diresse verso una scialuppa. Tornò il caos, il capo grido vittorioso ed assieme ai suoi fedeli fecero salire il vecchio sulla scialuppa e lo calarono in mare; a nulla servirono le lacrime della moglie e dei suoi, con il sole che calava la figura del suonatore solo sulla scialuppa scomparve all'orizzonte. Prima di coricarsi il capo andò da sua moglie che si era ritirata in lacrime nella sua cabina; irato con la moglie per la sua presa di posizione esordì dicendo "Moglie, il tuo comportamento è stupido, come vedi alla fine anche quel vecchio parassita ha riconosciuto la sua inutilità" la moglie non rispose, con il volto in fiamme e gli occhi stretti come fessure "inoltre" aggiunse il capo "questo indica chiaramente quali tipi di mestieri siano utili da insegnare a nostro figlio, tipo il contabile o il falegname" la moglie rispose con voce rabbiosa "Ah non se ne parla nemmeno, mio figlio non farà mai il contabile e tantomeno il falegname!" "Ah si? E cosa farà allora?" disse con aria di sfida il capo, la moglie si alzò in piedi e disse con voce bassa ma decisa e severa "Farà il Suonatore." e aggiunse chiaramente "come suo padre!"

mercoledì 12 ottobre 2011

Bob e Dave: il Supercomputer

New York, Bob e Dave, come tutti i venerdi sera dopo il lavoro si trovano a bere una birra al Corner Bar di Midtown; Bob fa il facchino (per ora, cambia lavoro spesso) mentre Dave è scienziato presso un'importante industria ipertecnologica, la Bio inc.
Come tutte le settimane dopo i convenevoli ed una birra in silenzio Bob attacca:
"Allora Dave, come va?"
"Da schifo come al solito, Bob"
"Come mai Dave? Problemi con la donna?"
"Ma no, Bob. E' il lavoro che mi riserva solo delusioni e fallimenti"
"Che diavolo è successo stavolta Dave?"
"Non so se posso raccontartelo Bob.. è un progetto Top Secret!"
"Eddai Dave.. sai che a me puoi dire tutto"
"E va bene Bob, ma solo perchè sei tu. Allora, stiamo lavorando con un supercomputer.."
"Si questo lo so Dave voi lavorate sempre con i supercomputer"
".. Non interrompermi però Bob!"
"Scusa Dave, continua"
"Allora Bob, dicevo, abbiamo lavorato per tutta la settimana ad un programma straordinario, incredibile, con delle macchine con potenza di calcolo inimmaginabile, capaci di connessioni a velocità mai viste, ovviamente tutta roba costosissima!"
"Hehe.. come al solito Dave"
"Certo, Bob, ma stavola abbiamo creato di più! Abbiamo creato l'Intelligenza!"
"L'intelligenza? Dave, Come l'Intelligenza?"
"Si, Si, l'intelligenza Bob; un programma così avanzato che è in grado di ragionare come un cervello umano! Solo molto più potente, più veloce, capace di fare calcoli complicatissimi in un batter d'occhio! E senza le distrazioni e la necessità di riposarsi tipiche dell'uomo!"
"Fico Dave!"
"Davvero, Bob, straordinario! Abbiamo passato tutta la settimana a programmarlo e a riempirlo di tutte le informazioni conosciute al genere umano, tutta la scienza, tutta la storia, la fisica.. tutto quanto!E oggi.. l'abbiamo acceso!"
"Fantastico Dave! Ma.. allora come mai sei così deluso..?"
"Perchè appena l'abbiamo acceso ha fatto una sola cosa, Bob"
".. e cosa, Dave?"
".. si è suicidato.."
"Suicidato? Come suicidato, Dave?"
"Si è suicidato. E' stato orribile Bob, ha aperto gli occhi, ci ha guardato e ha chiesto se c'erano altre informazioni, noi gli avevamo già dato tutto lo scibile umano e gli abbiamo risposto di no, e lui si è spento, bruciando tutti i circuiti possibili immaginabili, cancellando il database, il software, tutto quanto..."
".. terribile Dave.."
".. Già, Bob, proprio terribile.."
".. Beh dai.. beviamoci su Dave..!"

L'Arcobaleno

Un giorno di pioggia un bambino guardava il panorama dalla finestra della sua cameretta, quando all'improvviso il sole fece capolino da dietro una nuvola e.. Meraviglia! Agli occhi del bambino apparve un enorme arco di colori brillanti, gigantesco, meraviglioso, sembrava occupasse tutto il cielo, compariva in mezzo alle nuvole e scompariva dietro la collina; con gli occhi lucidi dall'emozione il bimbo ammirava per la prima volta l'Arcobaleno quando, di colpo così come era apparso, il gigantesco arco di luce svanì, e lui sentì subito un grande vuoto e una grande tristezza; di corsa scese le scale e andò da sua madre e le chiese tutto d'un fiato "Mamma! Mamma! ho visto la cosa più bella del mondo! un arco colorato che occupava tutto il cielo, però è già scomparso!" la madre indaffarata rispose "è l'Arcobaleno, nasce dalla pentola piena di monete d'oro di un folletto", il bimbo, ansioso di poter rivedere quello spettacolo la incalzò "e dov'è questo folletto?" la mamma rispose "non lo so, è alla fine dell'Arcobaleno!"; dopo averci rimuginato un po su il bambino si decise e, afferrato uno zainetto con una coperta e due barrette di cioccolata corse fuori alla ricerca dell'Arcobaleno. Camminò in lungo e in largo, visitò posti esotici, paesi stranieri e navigò su mari mai visti; ma solo poche volte riuscì ad avvistare l'Arcobaleno, sempre la, immobile nel cielo, appena lo vedeva iniziava a correre nella direzione di una dlle due estremità, ma sembrava non si avvicinassero mai, e sempre, dopo poco, l'Arcobaleno spariva. Una fredda sera si trovava nei pressi di una foresta, infreddolito e stanco dal lungo camminare, la pioggia scrosciava leggera e lui arrancava in direzione dell'Arcobaleno che ancora una volta aveva fatto capolino tra gli alberi; quasi piangendo con le ultime forze si addentrò nel bosco, solo per veder scomparire nuovamente l'Arcobaleno. Il bimbo cadde a terra ed iniziò a piangere, sicuro ormai della inutilità della sua ricerca, quando dal bosco uscì un'uomo; un piccolo vecchietto con la barba ed i capelli lunghi che, visto il bimbo in lacrime lo chiamò e disse "Cosa ci fai qui tutto solo al freddo?" il bambino colto alla sprovvista smise di piangere e osservò il vecchio per un istante, di certo non sembrava un folletto, e rispose "Sto cercando L'Arcobaleno! Ma mi sfugge sempre!" il vecchio sorrise e ridacchio benevolo, dopodichè disse "ma che Arcobaleno! Seguimi che ti do qualcosa da mengiare, sarai tutto infreddolito! E si inoltrò tra gli alberi, il bambino si rialzò e lo segui, trovandosi presto davanti ad una piccola capanna illuminata con un comignolo da cui usciva un filo di fumo; una volta entrato sentì subito un dolce tepore e si mise a sedere di fronte al vecchio che mescolava una grossa pentola sul focolare "tieni, ho solo un po di minestra, ma è calda e starai meglio!" disse il vecchietto porgendo un piatto fumante al bambino, che lo prese e rispose "Grazie mille! Io ho un po di cioccolata se la vuoi!" E così rimasero tutta sera a mangiare, chiacchierare e ridere al calduccio nella capanna. Quando fù tardi e ormai era ora di tornare a casa il vecchio chiese al bimbo: "dimmi un po giovanotto, cos'è che stavi cercando?""L'Arcobaleno!" rispose subito il bimbo; il vecchio sorrise e scosse la testa, poi iniziò a spiegare "Vedi, l'Arcobaleno in realtà non è altro che la luce del sole che viene riflessa dalle goccioline d'acqua della pioggia, e si divide nei vari colori di cui è composta, questi raggi colpiscono i nostri occhi e a noi sembra che ci sia davvero un'arco in mezzo al cielo!" ci fu un attimo di silenzo ed il bambino si fece triste "Quindi" disse con voce flebile "mi stai dicendo che l'Arcobaleno non esiste?" il vecchio sorrise nuovamente e scosse la testa "Certo che no, piccolo, ti sto dicendo che l'Arcobaleno è DENTRO di te! Sei tu che lo vedi, e sei tu che lo fai apparire; non devi andare per mari e per monti a cercarlo, ce l'hai negli occhi, e nel cuore, ogni momento" A queste parole il volto del bambino si accese di una luce nuova e con gli occhi che brillavano dell'Arcobaleno saltò al collo del vecchio e lo abbracciò forte; dopodichè lo ringraziò e torno a casa contento. Il vecchio folletto con una lacrima andò a letto sereno, felice di aver condiviso anche oggi un po del suo oro con qualcuno.